martedì 17 gennaio 2012

Carnefice

Cercavo una parola adatta, ma non la trovo. Carnefice, è forse il vocabolo che più s'avvicina all'immagine che ho.
Probabilmente è facile capire il perchè, ma io non lo so capire. Ogni tanto esce, e io non ho la forza di levare gli occhi e dire che è solo passato.
Finito tutto il trambusto raccontato nelle scorse ore, il lavoro è stato terminato e consegnato al "cliente". Come promesso. E come promesso ho un centone nella tasca (sabato domenica e lunedì di lavoro per te. Siamo amici, ringrazia che sia andata così). Centone che si godrà la polizia visto che mi sono beccato 80€ per aver sostato a "meno di un metro dal passaggio pedonale". Vabbeh. Finito tutto, tornato a casa, rimontato la mia fidata phoenix che oltre ad avere l'immortalità, fa da panacea per ogni dispositivo elettronico portato malconcio a casa e in attesa di rimettersi in sesto. Oramai sono 13 anni che lo fa... Ma a sto giro mi è costato 2 backup, uno corrotto di dati, l'altro di partizioni. Troppo spazio buttato alle ortiche. Il lavoro è fatto, i dati non li voglio. Quindi mi metto a cancellare, e spostare e riportare la pace nelle partizioni. E sposta di qua, e sposta di là, e di nuovo, in un'altra forma mi si è ripresentato quel post. Data 15 gennaio 2007. Non ho mai avuto a che fare con niente di più aggressivo. Non voglio sfogarmi ora, voglio domarmi, mettere in chiaro, e poi sigillare tutto una volta per sempre. Come ho promesso ormai troppe volte...
Mi ci va una rollata... No passo. Me la farò dopo.
Il post, non è niente di più che una paginetta come questa, scritta non da me ma da mani femminili. Mani che ancora non conoscevo. Posso comprendere perchè usate certe parole al posto di altre, ma non riesco a contrastare ciò che mi suscita. Il post parla di come si perdano gli occhi che dovrebbe avere una comune ragazza, di come le tenebre abbiano braccia forti e, e queste sono solo parole mie, di come Dio, maiuscolo non per importanza ma per deficenza d'importanza, non abbia valore nel mondo reale. Parla di una storia. Di una storia di una ragazza e di un ragazzo. E di un amico. Di un amico, che ha violentato la ragazza. Di una ragazza che violentata corre a rifugiarsi dal suo ragazzo. E di questo ragazzo, che risponde alla richiesta d'aiuto con disprezzo e arroganza. Lui il ferito, lei la puttana. L'altro, un morto che cammina. Conobbi quella ragazza poche settimane dopo aver letto quelle righe. Lì per lì mi montò rabbia, ma nulla più. Poi col tempo quello che poteva essere un bel binomio è diventata un'accoppiata, e così è stato per 4 anni. E dal primo bacio, quelle parole mi hanno pugnalato gli occhi, stretto con violenza il cuore e liberato solo pensieri atroci. E oggi, dopo tanto, troppo che non leggevo più, io che continuo a cancellare e lui che in un modo o nell'altro sempre torna, sempre mi ferisce. Non ho più niente da spartire con lei. Niente di dovuto, solo quello che vogliamo spartire ancora. Ma quella rabbia, quel tormento che monta lento e incontenibile come lava dalla bocca del vulcano, quella, ogni volta, cerco di contenerla e di non darci peso. Come mi è sempre stato suggerito.
E ora chiuderò, perchè m'è passata la fame e non ho voglia di niente. Ma c'è un agolino di me che non ha voce in capitolo, anzi, non ce l'ha proprio, e a 'sto giro ho il dovere di dargliela.
Un giorno ti troverò figlio di puttana. Non sarò io a cercarti nè tu ad accorgerti di me, ma un giorno ci sfioreremo. Quel giorno tu smetterai di bere e mangiare e soffrirai. Agonizzerai finchè tutto ciò che fa di te un uomo non cederà. E allora mi chinerò, ti mangerò e vomiterò finche tutto di te non sia passato in me e risputato. Allora forse sarò placato. Allora forse, se un dio c'è, s'incazzerà. Ed è ciò che desidero. Perchè pregarti è una perdita di tempo, essere demoni e conoscere la tua collera dopo aver sfogato la propria nausea per lo schifo che tu hai contribuito a far camminare su questa terra, forse, è meglio che pregarti.
Io, carnefice blasfemo.

Nessun commento: