giovedì 29 novembre 2012

Mattino e sera.

La tendenza a dimenticare l'utile e tenere la zavorra è una peculiarità distintiva dell'uomo. Nessuna bestia scampato al pericolo ci ricasca, noi semplicemente non ricordiamo. Ed è vero che in una giornata di sole intenso, al mattino e alla sera c'è sempre il momento in cui le due intensità luminose ricombaciano, ma uno è l'inizio, l'altro la fine.
E così succede, mentre sei sul divano a guardare qualcosa di inutile non finito la sera, una giornata di cassa, dove uscire esci, sei anche già uscito, ma preferisco aspettare gingillando svaccato che non in giro. Però domani lo farò. Oggi ha voluto portarmi questo. Una goccia di pioggia un po' diversa dalle altre millemila cadute, questa si è appoggiata sul naso. Al centro. E mi ha ricordato che prima non lo sapevo, dopo lo dimenticherò. E questo è per tutto. Quando mi domandavo se mi fossi mai "maturato", quando ero in sala d'attesa all'ospedale, quando facevo l'esame della patente e quando percorrevo l'8 alla patente della moto. Non l'ho mai saputo. Dovevo passare. Percorrere la strada. E ieri sera ho visto mio fratello andare a trovare qualcuno che vive da solo da poco, e poi andare via. E solo un po' di tempo fa, ero io che andavo a trovare e poi andava via. Tornava a casa. Da mamma e papà. E fratello. E si chiedeva durante il tragitto quando lui avrebbe avuto una casa sua. E ora lo so. E so chiaro e limpido e sicuro, che posso aspettarmi il meglio o il peggio. Ma quello che sarà non sarà mai il meglio o il peggio che potevo solo aspettarmi.