domenica 24 marzo 2013

E io sorseggio...

"Il primo sorso dal bicchiere delle scienze rende atei, ma nel fondo ci attende Dio."
Fu Heisenberg a dirlo, e non lo so a memoria perchè lo so a memoria, ma perchè me lo sono andato a ripescare e rileggere. Ovviamente il chi l'ha detto, la frase me la ricordavo, più o meno (erano scienze naturali, ma mi piace ricordare sbagliata una cosa che ritengo sbagliata, incompleta).
Stasera robetta leggera. Forse il mc aiuta i pensieri... Chissà. Ma chissà a parte, sono piuttosto certo che il nazi che ha decretato questo assioma avrebbe cambiato opinione, come pure partito, col tempo. Giudico vero che il primo sorso rende atei, o che comunque faccia vacillare, com'è giusto che sia, certezze prive di fondamento scientifico, ma nel fondo non c'è Dio. C'è solo il fondo. La non voglia di cercare altre risposte alle domande che abbiamo, che abbiamo sempre avuto. Alcune ce le portiamo dietro per decenni, senza mai arrivarci neanche lontanamente vicini. E siamo umani, è da riconoscere, e come tali siamo deboli. Col tempo anche i ricercatori più fervidi vedono affievolire la luce che brilla dietro i prorpi occhi davanti ai quesiti più disparati. Io sono giovane, non devo dimenticarmelo. E sono arrogante. Non per difetto, e neanche per pregio. La natura non è cridele ma giusta, così come io sono arrogante. E anche in questo pecco di arroganza. Ma come definire lo stesso concetto in altro modo senza venirne macchiati? Forse qualche modo c'è. Perdere tempo nel trovarlo, o darlo per buono, e pensare ad altro, altre domande, nuove scoperte, risposte che placano l'anima... Una vera droga. Quando sono pulito, sobrio e veicolato nella direzione giusta non sono un buon compagno. Nè come alletao nè come nemico. Nel primo caso prendo il sopravvento, come affero una corrente favorevole la sfrutto e salgo senza guardare nessuno indietro, con la semplice scusa da raccontare a me stesso che dopo si parlerà, ora non c'è tempo. Nel secondo caso rischio di essere io il nazista, che non ascolta, lapida, schiaccia, rade al suolo l'avversario del dibattito. A volte con una tale foga da farmi chiudere per giorni in una vergogna solitaria...
E io sorseggio. Il mio corpo calloso prende le lavagne colme di calcoli del lato sinistro e butta tutto, risultati e calcoli incompleti, nel lato destro, il destro è il goliardico giocherellone, quello che prende il 46, il 23 scritto in gesso, lo stacca dalla lavagna del sinistro matematico e lo lancia. E questo va a sbattere in una vecchia visione, un ricordo, magari un dilemma retistico di anni fa e s'incastra malamente facendo cadere riviste porno e un paio di cilum dagli scaffali. La libreria barcolla e la tazza piena di penne matite che prima reggeva i libri rotola giù, fino a rifinire nel corpo calloso, fino a rifinire sulla capa del sinistro matematico. E lui, serio e privo di senso dell'umorismo, sente l'altro sbellicarsi dalle risate di là, prende l'oggeto condundente, lo mette sulla scrivania, e prende un'inaspettato cacciavite nascosto tra le matite e fissa la lavagna che prima cigolava. "Molto meglio."

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